
Colui che in Ungheria è stato István, l’incoronato, e che in Italia è diventato Lodovico, il sapiente. Un tentativo di armonizzare i due nomi, da un punto di vista etimologico, potrebbe risultare un’impresa ardua, fantasiosa e alquanto audace per chiunque, certamente non di immediata lettura. Tranne che per una sola persona, ed una solamente: dalle parti di Udine, all’immagine dell’allenatore ungherese Otto Krappan, non si lega solamente la leggendaria promozione in Prima Divisione, datata 1925, ma anche l’apparizione del primo calciatore straniero, o non italiano, della storia del nostro club. Da un punto di vista calcistico e culturale la figura di István Pollack non può essere ridotta esclusivamente alla sua più basica rappresentazione pioneristica, dunque a mera chiave di lettura per comprendere radici e venature del movimento esterofilo dell’Udinese. E anzi, al contrario: il talentuoso interno di centrocampo, all’occorrenza fantasista, giunse in Friuli per esplicito desiderio dell’allora presidente Francesco Dormisch, titolare dell’omonimo birrificio, su consiglio dal suo vice, Gino Rojatti, per essere d’esempio ai tanti giovani presenti all’interno dello spogliatoio bianconero dell’epoca. In buona compagnia dei senatori, quali Enzo Dal Dan, Gino Belotto, il portiere macchiaiolo Franco Lepizer e Giuseppe Liuzzi II, István ha ampiamente contribuito a spargere i rigogliosi semi di un pròspero avvenire: quello che nella seconda metà degli anni venti porterà agli onori della cronaca talenti del calibro di Aldo Spivach, il primissimo allievo di Pollack, nonché suo diretto erede, Annibale Frossi, Walter D’Odorico, Alfredo Foni e poi Ferdinando Dal Pont, giusto per citarne alcuni.