Auguri all’amico, auguri ad una grande persona, auguri al mito. Non ci sono parole per descrivere Dino Zoff. Approfitto di questo spazio per ringraziarti di quei magici anni passati assieme, perché ho avuto la possibilità di conoscere un grande uomo, non solo un compagno di squadra.
Hai sempre avuto l’immagine di uno che non parla tanto, ma chi come me ha il piacere di frequentarti sa quanto ogni tua parola e ogni tuo gesto siano sinceri. Ti ho sentito addirittura raccontare delle barzellette, si contano sulle dita di una mano, ma sono eccezionali.
In campo hai trasmesso sempre la stessa sensazione: poche parole, ma una grandissima sicurezza. Quando nel ’72 sei arrivato a Torino ti sei da subito imposto come un leader, hai fatto cambiare volto a tutto il reparto della difesa. Chiaramente la squadra commetteva degli errori, ma in quei sette metri sapevamo che tu avresti messo una pezza in un modo o nell’altro.
Se devo proprio trovarti un difetto è sicuramente quello che non volevi mai uscire dal campo, nemmeno nelle amichevoli. Forse avevi ragione tu, visto che quella volta che Alessandrelli è entrato al tuo posto in Juventus-Avellino, era il 1979, siamo riusciti a farci rimontare dal 3-0 al 3-3. Da quella volta guai a chi provava a toglierti dalla tua area piccola. Trapattoni qualche volta ci ha provato, un paio di anni dopo: l’assistente alza la lavagnetta con il tuo numero 12, per la sostituzione, e tu facendo finta di niente continui a giocare.
Abbiamo vestito assieme l’azzurro e abbiamo anche condiviso il primo silenzio stampa della storia del calcio italiano in quel 1982. Il paradosso è che nel silenzio generale, l’unico che poteva parlare ai giornalisti eri proprio tu, l’uomo di poche parole per eccellenza. Siamo cresciuti molto durante quel Mondiale, raggiungendo un traguardo che sogna ogni persona abbia mai giocato a calcio ed è stato anche merito tuo. Ho ancora negli occhi la grandissima parata che hai fatto nella sfida contro il Brasile, nel secondo turno eliminatorio, hai fermato un tiro impossibile di Oscar, permettendoci di vincere 3-2, tripletta del mitico Paolino Rossi.
Pensando a dove siamo partiti noi, di quegli anni. Venivamo tutti dall’esperienza del calcio da strada, fatto di grandi sacrifici, che ci permetteva all’inizio appena di sopravvivere. Dico sempre che molti giovani calciatori oggi nascono “con il burro sulle chiappe”, per scivolare più facilmente. Noi sul sedere avevamo le ortiche. Ci sarebbe tanto bisogno nel calcio di oggi di uno “Zoff pensiero”, che faccia capire ai ragazzi che è giusto avere delle ambizioni, ma che per restare poi a certi livelli per molti anni bisogna lavorare sodo.
I più grandi uomini che ho conosciuto sono sempre stati in grado di dire molto, dicendo poco. Tu sei sicuramente uno di questi.
Auguri Dino.
Franco Causio
Hai sempre avuto l’immagine di uno che non parla tanto, ma chi come me ha il piacere di frequentarti sa quanto ogni tua parola e ogni tuo gesto siano sinceri. Ti ho sentito addirittura raccontare delle barzellette, si contano sulle dita di una mano, ma sono eccezionali.
In campo hai trasmesso sempre la stessa sensazione: poche parole, ma una grandissima sicurezza. Quando nel ’72 sei arrivato a Torino ti sei da subito imposto come un leader, hai fatto cambiare volto a tutto il reparto della difesa. Chiaramente la squadra commetteva degli errori, ma in quei sette metri sapevamo che tu avresti messo una pezza in un modo o nell’altro.
Se devo proprio trovarti un difetto è sicuramente quello che non volevi mai uscire dal campo, nemmeno nelle amichevoli. Forse avevi ragione tu, visto che quella volta che Alessandrelli è entrato al tuo posto in Juventus-Avellino, era il 1979, siamo riusciti a farci rimontare dal 3-0 al 3-3. Da quella volta guai a chi provava a toglierti dalla tua area piccola. Trapattoni qualche volta ci ha provato, un paio di anni dopo: l’assistente alza la lavagnetta con il tuo numero 12, per la sostituzione, e tu facendo finta di niente continui a giocare.
Abbiamo vestito assieme l’azzurro e abbiamo anche condiviso il primo silenzio stampa della storia del calcio italiano in quel 1982. Il paradosso è che nel silenzio generale, l’unico che poteva parlare ai giornalisti eri proprio tu, l’uomo di poche parole per eccellenza. Siamo cresciuti molto durante quel Mondiale, raggiungendo un traguardo che sogna ogni persona abbia mai giocato a calcio ed è stato anche merito tuo. Ho ancora negli occhi la grandissima parata che hai fatto nella sfida contro il Brasile, nel secondo turno eliminatorio, hai fermato un tiro impossibile di Oscar, permettendoci di vincere 3-2, tripletta del mitico Paolino Rossi.
Pensando a dove siamo partiti noi, di quegli anni. Venivamo tutti dall’esperienza del calcio da strada, fatto di grandi sacrifici, che ci permetteva all’inizio appena di sopravvivere. Dico sempre che molti giovani calciatori oggi nascono “con il burro sulle chiappe”, per scivolare più facilmente. Noi sul sedere avevamo le ortiche. Ci sarebbe tanto bisogno nel calcio di oggi di uno “Zoff pensiero”, che faccia capire ai ragazzi che è giusto avere delle ambizioni, ma che per restare poi a certi livelli per molti anni bisogna lavorare sodo.
I più grandi uomini che ho conosciuto sono sempre stati in grado di dire molto, dicendo poco. Tu sei sicuramente uno di questi.
Auguri Dino.
Franco Causio