06 luglio 2019
06 luglio 2019

Accadde oggi - Annibale Frossi

Annibale Frossi

Udinese 1930-31 - Copia.jpg
Il 6 luglio 1911 nasceva a Muzzana del Turgnano Annibale Frossi, ala destra dell'Udinese dal 1928 al 1931. Sin da ragazzino dimostra una certa attitudine nel gioco del calcio, è veloce, rapido, quando ha 16 anni milita nel Chiavris di Udine, frequenta con successo il liceo classico "Stellini", è in collegio al "Bertoni", sempre a Udine. Una forte miopia lo costringe a giocare con gli occhiali legati alla nuca con un elastico. 
A 17 anni viene scoperto dal talent scout dell'Udinese, Toni Calderan, che lo consiglia all'allenatore della prima squadra Lajos Czeizler. Questi però non si fida, non crede al "calciatore con gli occhiali", vuole vederlo all'opera di persona, organizza un'amichevole e Frossi supera il test alla grande. Passa dunque all'Udinese, nella stagione 1929-30, fa parte della squadra riserve anche se di tanto in tanto si allena con i titolari guidati da un altro tecnico magiaro, Imre Payer. Questi lo fa esordire nel campionato di Prima Divisione, attuale serie C, il 1° giugno 1930 a Pola contro il Grion in sostituzione di Gerace, non prima però di aver ricevuto il placet dalla vecchia guardia bianconera capeggiata da Luigi Miconi, futuro allenatore dell' Udinese. Frossi a Pola convince, dimostra di essere un'ala dallo scatto bruciante (vanta 11" e 4/10 nei 100 metri), dal dribbling secco, bravo nel dosare i cross. 
L'anno dopo con l'Udinese promossa in B, Frossi parte titolare, gioca 31 gare, segna 8 reti. Ormai è pronto per fare il salto di qualità, viene ceduto al Padova per 25 mila lire, ma sua madre, Roisina Concina, rimasta vedova da pochi mesi (il padre di Annibale, Cesare Giuseppe Frossi era medico condotto a Flambro), non ne sa nulla. Quando scopre la verità, chiama i carabinieri perché riportino il figlio minorenne a Udine. Teme che Annibale a Padova interrompa gli studi liceali. Poi, rassicurata anche dai dirigenti del club bianco scudato, consente al figlio (che otterrà la licenza liceale) di continuare a giocare. Frossi nel Padova, dove milita un altro udinese, Alfredo Foni, segna 10 gol, il Padova è secondo in B dietro il Palermo. 
L'anno dopo è chiamato sotto le armi, è di stanza a Bari per cui gioca con la formazione pugliese, ancora in B, per rientrare nel 1934-35 al Padova. Il calcio evita a Frossi di essere richiamato sotto le armi per partecipare alla guerra di Abissinia; prima di imbarcarsi sulla "Saturnia" diretta in Africa, un gerarca fascista abruzzese gli propone di difendere i colori dell'Aquila. Frossi accetta di buon grado, si segnala come il miglior calciatore della compagine abruzzese, le sue serpentine, i suoi assist, i suoi gol sono determinanti per evitare la retrocessione in Prima Divisione di quella compagine. 
A 25 anni è ala destra tra le migliori, viene ingaggiato dall'Inter (allora Ambrosiana) con cui milita sino al 1942 disputando 125 gare e segnando 40 reti. In nerazzurro vince gli scudetti 1937-38 e 1939-40 nonché la Coppa Italia 1939. Ma il suo capolavoro Annibale Frossi lo firma alle Olimpiadi del 1936 a Berlino. Il commissario tecnico Vittorio Pozzo lo promuove addirittura capitano dell'Italia e Frossi trascina l'Italia alla conquista dell'oro battendo in finale l'Austria per 2-1. Segna complessivamente 7 reti in 4 gare, è il capocannoniere del torneo calcistico. 
Frossi, mantenendo fede ad una promessa fatta alla madre, si iscrive alla Facoltà di Legge e si laurea nel 1941. Dopo la parentesi con l'Inter milita nella Pro Patria e subito dopo la conclusione della seconda guerra mondiale con il Como, per poi diventare allenatore. Tutti cominciano a chiamarlo "dottor Sottile" vuoi perché porta gli occhiali, ma soprattutto perché introduce innovazioni nell'applicare i sistemi di gioco. Per lui la gara perfetta è quella che si conclude 0-0. 
Tra le varie squadre ha allenato Monza, Torino, Inter, Genoa, Napoli e ha concluso la carriera di tecnico nel 1965 alla guida della Triestina. Ha collaborato poi con alcuni quotidiani nazionali, La Stampa, Il Corriere della Sera, il Giornale, ma non accetterà mai di lavorare in televisione. Muore a Milano il 26 febbraio 1999. In seguito gli verrà intitolato il campo di calcio del Flambro e una via di Udine nei pressi dello stadio nella zona dei Rizzi.