
Avanti e indietro, incessantemente, lungo lo stesso tragitto. Il prìncipio delle vasche, Giampiero Pinzi, non l’ha mai dimenticato nel corso della sua ventennale carriera: dalla borgata romana di Centocelle, dov’è cresciuto causando non pochi grattacapi alla compianta mamma Rosa, agli stadi di tutta Italia, declinando man mano la fanciullesca esuberanza nell’atteggiamento solerte, indomito e combattivo che ha fatto breccia nel cuore d’ogni singolo tifoso dell’Udinese. Pragmatismo e sostanza, agonismo e metodo, senza mai omettere la componente passionale, com’è giusto che sia: quattro punti cardinali, più uno, sui quali Giampiero ha gettato le granitiche fondamenta delle sue trecentocinquantacinque partite con la maglia bianconera, che lo rendono il terzo recordman per presenze della nostra storia alle spalle di due mostri sacri del calibro di Totò Di Natale (446) e Valerio Bertotto (404). Umili ideali che trasudano nobiltà, che hanno spinto mister Igor Tudor ad inserirlo nella sua équipe tecnica: per trasmettere ai nostri giocatori, nuovi e non, che cosa voglia dire difendere i nostri colori. I medesimi che oramai due decenni or sono convinsero il nostro DT Pierpaolo Marino, allora direttore sportivo, alla sua prima e decennale gestione in terra friulana, lunga ben 5393 giorni, a prenderlo dalla Lazio come contropartita tecnica nell’ambito della trattativa che l’anno seguente condusse sulla via della capitale Stefano Fiore e Giuliano Giannichedda, per 55 miliardi delle vecchie lire.