13 giugno 2020
13 giugno 2020

Samir a Il Gazzettino

Le parole del difensore intervistato dal Gazzetino

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 L’Udinese alla ripresa delle ostilità potrà contare nuovamente su Samir. Sul miglior Samir, come lui stesso tiene a sottolineare, perché il brasiliano ha concluso la Via Crucis iniziata ancora a novembre quando il ginocchio sinistro ha fatto i primi capricci per poi tradirlo. L’operazione cui è stato sottoposto (meniscectomia) a metà dicembre, la susseguente riabilitazione affidata allo staff sanitario bianconero, hanno rimesso a nuovo il giocatore. Ora Gotti ha una pedina in più per ruotare i difensori, per affidarsi di volta in volta a coloro che più gli daranno garanzie. «Stavo già bene a febbraio – interviene il brasiliano – poi c’è stata la pandemia, il forzato riposo, quindi a maggio sono ripartito praticamente da zero come del resto i miei compagni di squadra, perché tre mesi di stop sono troppi. Ora sto bene».

Da quando non gioca?
«Dal 1° dicembre, gara contro la Lazio. Il ginocchio sinistro mi preoccupava, era sempre gonfio, quel giorno accusai anche un malanno al flessore destro perché sovraccaricavo l’altra gamba; per questo motivo non disputai la gara infrasettimanale di Coppa Italia con il Bologna pur lavorando a parte e in maniera differenziata al “Bruseschi”. L’infortunio muscolare mi avrebbe costretto a saltare quattro, cinque gare di campionato. Per questo motivo decisi di approfittarne e di farmi operare al ginocchio. Perché non prima come mi era stato consigliato dai sanitari? Perché speravo che la terapia fisica bastasse per rimettermi in sesto. Ho sbagliato, ho perso tempo, ma quel che conta è che ora sto bene, pronto a garantire alla squadra il mio apporto ottimale».

Lei aveva già dovuto mettersi nelle mani del chirurgo per un malanno all’altro ginocchio...
«Sì, nel 2017. Poi una volta operato la ripresa è stata buona, sono tornato in condizioni ottimali, il rendimento è salito gara dopo gara, spero quindi di ripetere quella positiva esperienza, di non avere contrattempi. Anzi mi sento proprio di escluderlo, in allenamento faccio tutto, il ginocchio tiene che è un piacere».

Nell’Udinese ha agito da quarto difensore di sinistra e da centrale sempre a sinistra nella retroguardia a tre; qual è il compito che preferisce eseguire?
«Ha detto bene, nell’Udinese ho ricoperto entrambi i ruoli; per Iachini, il mio primo allenatore all’Udinese, ero un centrale. Delneri, che lo ha sostituito poche settimane dopo, mi ha sempre utilizzato da terzino. Poi sono tornato a interpretare la difesa a tre con l’avvento di Oddo. Con Tudor agivo più largo; pure con Velazques venivo utilizzato da terzino, ho fatto anche l’esterno; poi con il Tudor bis e con Gotti sono stato impiegato in posizione centrale. A questo punto dico che va bene tutto, conta solo farsi trovare pronto, io sto agli ordini, come sempre».

Tra dieci giorni tornerete in campo per sostenere dodici gare ricche di incognite; ma quali sono le certezze, ammesso che ce ne siano, su cui fate affidamento?
«La voglia. La determinazione di farcela ad ogni costo. Dopo aver vissuto una situazione particolarmente difficile generata dal virus. Il gruppo è solido, compatto. C’è anche entusiasmo, voglia di ripartire, anche se siamo consapevoli che le incognite saranno numerose. Stiamo facendo il nostro dovere, l’impegno quotidiano è quello ottimale anche se quando ripartiremo ci mancherà il ritmo che ti dà solo la gara vera. Non disputiamo nemmeno le amichevoli, come le altre del resto, ma starà a noi, dopo un’intensa preparazione rimetterci subito in moto, trovare al più presto le cadenze giuste».

La società vi ha messo a disposizione anche uno psicologo...
«Serviva. Soprattutto in questa fase in cui a livello mentale siamo ancora provati dalla pandemia. La sua presenza - è con noi anche sul campo di allenamento - è più che preziosa. Qualcuno di noi è stato testimone dei disagi, delle tragedie provocate dal Coronavirus. Io per esempio. Mi trovavo in Brasile è ho vissuto il dramma di un mio fraterno amico cui è morto il padre nel giro di poco tempo. Non è facile ripartire daccapo, avere la mente libera, sei inevitabilmente condizionato».

Un aiuto viene anche dalla proprietà, da Gianpaolo Pozzo che è presente quotidianamente ai vostri allenamenti.
«Il presidente ci è sempre stato vicino, specie nei momenti difficili e delicati. Ci segue da bordo campo, ci sprona con il suo sguardo. Ci dà una carica speciale, non possiamo deluderlo».

Vi ha parlato?
«No, ma la sua presenza ha la stessa importanza delle parole. A parte il fatto che ogni anno poco prima di iniziare il campionato viene da noi per manifestarci la sua fiducia. Lo farà anche in questa circostanza».

Com’è la situazione sanitaria in Brasile? «L’ho vissuta per alcune settimane direttamente quando sono rientrato nel mio Paese. Ma ora è molto grave, in media si verificano mille morti al giorno. Parlo quotidianamente con i miei genitori, mi ragguagliano su ciò che succede. Si esce di casa con tanto di guanti e mascherina solo per necessità. Aggiungo che in Brasile ci sono oltre 200 milioni di abitanti per cui è più complicato far fronte alla pandemia, ma va anche detto che qui in Italia si sta uscendo da questa situazione anche perché c’è un servizio sanitario migliore rispetto al nostro».

Chi vincerà lo scudetto?
«Prima della quarantena ero convinto che il finale di campionato avrebbe visto grandi protagoniste Juventus e Lazio. Forse lo scudetto lo vincerà una delle due, ma ora è difficile fare previsioni. Inizia un mini torneo in cui si giocherà tre volte ogni otto giorni, oltretutto in condizioni climatiche presumibilmente particolari, per cui può succedere di tutto. Ma a me, a noi interessa l’altra lotta, quella per la salvezza. A chi ci segue, ai tifosi, alla società, alla proprietà garantiamo l’impegno ottimale, anzi il 110 per cento. Personalmente dico che ce la caveremo, ma servirà dare tutto, gli errori dovranno essere più che mai limitati, non ci sarà spazio per porvi rimedio». 

Guido Gomirato