03 aprile 2019
03 aprile 2019

Milan-Udinese a mente fredda

Il match report della partita

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Quello di ieri sera è stato l’incontro diretto numero 88 della storia tra Milan e Udinese nel campionato di Serie A, il quarantaquattresimo giocato a San Siro, con lo score aggiornato che recita 39 successi per i rossoneri, 16 in nostro favore e 33 pareggi. Prima volta per Igor Tudor come allenatore dell’Udinese contro la compagine meneghina. Quarto incrocio invece per Gennaro Gattuso: 1 vittoria e 3 «X» contro di noi. Continua il tabù a tinte bianconere per il «Diavolo»: di fatto è dal campionato 2007/2008 che il Milan non riesce ad aver ragione dell’Udinese sia nelle gare di andata che in quelle di ritorno. Settimo gol in dieci partite per Krzysztof Piątek: ventesima rete in campionato e ventottesima stagionale per il polacco che non segnava a San Siro da due partite consecutive, e mai quest’anno è rimasto a secco per tre gare casalinghe. Per noi sesto gol in questa Serie A di Kevin Lasagna: il quinto segnato lontano dalle mura amiche della Dacia Arena e terzo consecutivo dopo quelli contro la Juventus e il Napoli. Per il nostro Kevin, che proprio a San Siro realizzò la sua prima rete in Serie A (Inter–Carpi, 1–1), si tratta del quarto sigillo alla «Scala del Calcio» su 5 occasioni utili, tra Inter e Milan. Ottimo trend nella fase di rifinitura per Seko Fofana che, col passaggio decisivo per la rete del definitivo 1–1 di ieri, sale a quota 4 assist dei quali 3 consecutivi. Ad avvalorare le parole di Tudor nella conferenza stampa post partita, in cui il tecnico ha voluto elogiare la concretezza contropiedista dei nostri ragazzi, ci sono le zone di campo: difatto la gara contro il Milan è stata sì una partita di trincea, perché solamente il 16% del gioco complessivo si è sviluppato nella metà campo rossonera, ma non del tutto. Il 51% della partita infatti si è disputata in mediana, sintomo che l’Udinese ha giocato a viso aperto contro la compagine milanista. Il ritmo partita è stato fin da subito fluido e piuttosto vivace da entrambe le parti, attraverso un giro palla rapido e volto a sfruttare l’ampiezza del campo per costruire la transizione offensiva: nel primo tempo il catalizzatore di palloni del Milan, nel 4–3–1–2 scelto da Gattuso, è stato Hakan Çalhanoğlu: il fantasista turco è stato utilizzato come interno dei tre di centrocampo e nel corso della prima frazione ha gestito l’8.2% del fraseggio totale rossonero (il 58%) con 57 tocchi e 26 passaggi completati sui 31 effettuati. I nostri, d’altro canto, hanno imbastito sull’out mancino gran parte della propria manovra d’attacco (il 48%), con Marvin Zeegelaar: che ha tentato cinque dribbling nel primo tempo, completandone tre, oltre a rivelarsi field leader a pari merito con De Paul per tocchi effettuati (37, oltre al 90% di precisione nel fraseggio, per l’olandese). L’elemento che probabilmente ha fatto la differenza nell’inerzia della partita è stato l’innalzarsi graduale del nostro baricentro, tant’è che a fine partita il field leader milanista nel possesso palla è stato Mateo Musacchio: con un 6.7% di gestione, al posto di Çalhanoğlu. In tal senso a centrocampo si è statisticamente disputata una partita a specchio: De Paul contro Çalhanoğlu, i due interni, e Behrami contro Biglia, i due vertici bassi. Il nostro numero dieci argentino e l’eclettico fantasista turco si equivalgono praticamente in tutto: mole di gioco gestita (6.6% di possesso palla sul totale delle rispettive squadre), tocchi (86 a 83), passaggi completati (44 a testa, nonostante De Paul abbia dalla sua anche 4 key passes), un 100% di successo nei dribbling (4 a 2) e – dato curioso in virtù delle loro caratteristiche offensive – anche nei contrasti (6, a testa). Solo Behrami e Biglia ne contano uno in più, ma il loro 6 su 7 non li porta ad avere la massima percentuale di successo. Nonostante i 18 tentativi milanisti verso la porta di Musso, contro i nostri 7, l’Udinese è riuscita a concludere nel 57% in area di rigore (contro il 53% del Milan): tanti dati che portano in dote una prova. Di chi vuole giocarsi a viso aperto ogni partita.

Questione di approccio e di consapevolezza. «San Siro è uno stadio che evidentemente mi porta bene», ha sentenziato un soddisfatto Igor Tudor nella conferenza stampa post partita dopo il pareggio maturato ieri sera contro il Milan, con la firme di Piątek per i rossoneri e di Lasagna per noi. «Qui ho dei bellissimi ricordi», spiega il Mister «sia per le tante vittorie, sia per il fatto che ci ho anche segnato un paio di gol». Perché in fin dei conti riuscire a strappare un punto preziosissimo in chiave salvezza sul campo del Milan non può che accendere la luce nella stanza dei ricordi del nostro tecnico. Anche solo per qualche fugace istante, prima di andare a rivedere, con la lente d’ingrandimento, l’ottima prestazione della squadra e a riportare l'attenzione sui prossimi importanti impegni.

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Interpellato sullo svolgimento della partita,Tudor non ha fatto mancare la sua chiave di lettura tattica: «Penso che la partita sia cambiata con l’ingresso in campo di Okaka e con Pussetto che, in questo modo, si è dovuto spostare a fare il quinto di centrocampo sulla fascia destra: giocare qui a San Siro non è mai semplice, ma siamo riusciti a sfruttare abbastanza bene il contropiede», ha spiegato il tecnico, il cui tono comunica sì, grande appagamento, ma anche un filo di rammarico per un paio di occasioni non sfruttate al meglio. Lui si giustifica così, aggiungendo al calderone un pizzico del suo animo bellicoso: «Ho detto fin dall’inizio ai miei ragazzi che non saremmo venuti qui a Milano per una scampagnata allo stadio. Durante l’intervallo gli ho anche ribadito che dovevamo crederci, perché non dobbiamo andare in campo solo per far perdere tempo agli avversari: se non ci credi davvero il gol non lo fai», ha detto, prima di proseguire nella sua analisi del match: «Avendo fatto due partite e solo tre allenamenti, da quando sono arrivato qui, trovo difficile trovare un’identità di gioco in così poco tempo. Faccio i complimenti ai miei ragazzi perché hanno dato davvero tutto stasera: il nostro atteggiamento nella fase offensiva non è mai cambiato per tutta la gara. Il Milan non ha fatto quasi niente e, anche se attraversa un momento no, ha giocatori di qualità, e resta pur sempre il Milan. Verso la fine potevamo fare anche il secondo, loro ci pressavano e noi ci siamo messi tutti dietro negli ultimi minuti, ho detto anche a Okaka di tornare in area e sacrificarsi per darci una mano», ha raccontato, prima di concludere riflettendo sull’importanza del risultato di ieri: «questo punto ci sta, in vista dei prossimi impegni e del finale di stagione».
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Riflettere sul march di San Siro porta inevitabilemente a guardare al prossimo impegno di domenica: «Quella contro l’Empoli sarà una partita davvero importantissima, cruciale, perché si tratta di una squadra che gioca un bel calcio e che rappresenta una nostra diretta rivale nella corsa alla salvezza: noi abbiamo il dovere di prendere tutte le cose buone del match contro il Milan, perché se devo esser sincero mi è piaciuta di più questa partita della scorsa contro il Genoa, cercando al contrario di correggere le cose meno buone».
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Su Behrami, uscito per infortunio, Tudor ha aggiunto: «purtroppo sull’infortunio di Valon non ho buone sensazioni: speriamo non sia niente di grave perché per tutti noi è un giocatore fondamentale sia in campo che nello spogliatoio. Non sembra una cosa piccola, perché è caduto male sulla caviglia, ma voglio sperare che lo sia». Poi una breve considerazione sul polimorfo De Paul: «Rodrigo è un giocatore preziosissimo, perché può giocare da mezz’ala ma anche più vicino alla porta: mi piace perché ha quella mentalità vincente che contraddistingue gli argentini, che fa la differenza». In chiusura della conferenza stampa il Mister non si sottrae ad un’ultima domanda sul turnover nel reparto offensivo, definito assai abbondante dagli addetti ai lavori presenti in sala, curiosi di sapere per chi opterà il tecnico in vista della sfida con l’Empoli: «bella domanda, molto dipenderà dalle tante partite ravvicinate e da quanto si sarà speso in termini di energie». Un sorriso, un saluto e l’arrivederci: Tudor lascia la sala stampa, con gli occhi già puntati sul prossimo obiettivo. Verso il traguardo della salvezza. Per aggiungere un altro successo alla stanza dei ricordi. Domenica alla Dacia Arena con l’Empoli, tenteremo di aggiungere un altro, importante mattone verso la permanenza in Serie A.