L’Udinese ha oltre cento dipendenti: persone che ogni giorno lavorano a supporto della squadra, al fianco della società. Lavorare in squadra non è un tema che riguarda solo il campionato, i giocatori e il mister: riguarda tante persone, le cui competenze sono indispensabili per far funzionare la macchina organizzativa.
Nel secondo appuntamento con "Dietro le quinte" conosciamo il Pitch Manager di Udinese, Alessio Roso, responsabile della gestione del manto erboso della Dacia Arena e dei campi del centro sportivo Bruseschi. Come si diventa esperto di campi da calcio e come si arriva a lavorare per una società di Serie A? Nessun segreto: molto studio e molto lavoro.
Come sei arrivato a occuparti della gestione dei campi?
Nel secondo appuntamento con "Dietro le quinte" conosciamo il Pitch Manager di Udinese, Alessio Roso, responsabile della gestione del manto erboso della Dacia Arena e dei campi del centro sportivo Bruseschi. Come si diventa esperto di campi da calcio e come si arriva a lavorare per una società di Serie A? Nessun segreto: molto studio e molto lavoro.
Come sei arrivato a occuparti della gestione dei campi?
Faccio questo lavoro da ormai 15 anni, ho iniziato facendo delle consulenze per dei campi da golf poi tramite alcune conoscenze mi sono avvicinato al mondo del calcio che mi ha sempre affascinato. Pensare che alle superiori ho studiato da geometra! Poi la passione ha voluto che iniziassi ad informarmi e a studiare: così ho iniziato a fare dei corsi di specializzazione, ho frequentato l’IOG (Institute of Groundsmanship), che è la scuola di formazione di riferimento per gli operatori del settore. Ha sede in Inghilterra, fuori Northampton. Come in tutti i lavori, non si finisce mai di imparare così, almeno una volta al mese, vado ad aggiornarmi, ogni volta in uno stadio diverso, sempre in UK. Questo mi dà costantemente la possibilità di crescere. Ho seguito i rifacimenti di diversi stadi in Italia e in giro per il mondo.
Una delle ultime esperienze, forse la più particolare, è quella che ho vissuto in Arabia Saudita, a Gedda. Ero stato chiamato per una semplice consulenza, mi sono fermato là per due anni. La più grande soddisfazione è stata che, nemmeno a farlo apposta, quest’anno si è giocata proprio a Gedda la partita di Supercoppa: ho ricevuto davvero molti complimenti ancora a distanza di qualche anno.
Il pitch manager si sveglia la mattina e…?
Guarda fuori dalla finestra per vedere come è il tempo. Il pensiero costante va ai campi. Lavoriamo con un prodotto vivo, in continua evoluzione e che dipende solo in parte dal nostro lavoro, anche se cerchiamo di ridurre al minimo l’imprevedibilità. Ogni settimana abbiamo un obiettivo, una sfida, quella della partita di campionato alla domenica, che ogni volta mette a dura prova il manto.
Devo ovviamente organizzare il lavoro, mio e dei tre giardinieri che lavorano per me, con tutte le difficoltà del meteo con il quale combattiamo tutti i giorni: pioggia, neve, caldo, gelo…una giornata storta può vanificare settimane di lavoro.
L’obiettivo è alzare la qualità media dei campi, per permettere ad una squadra di Serie A di allenarsi su un terreno che sia il più possibile uniforme durante tutto l’anno. È facile per tutti avere un campo bello a maggio, provate a far crescere qualcosa con le temperature sotto lo zero.
Prima di arrivare a Udine, dove eri?
Prima di Udine ero a Verona. Il lavoro che abbiamo fatto bene là ci ha permesso di arrivare qui. I dirigenti dell’Udinese sono rimasti impressionati lo scorso anno nel vedere come era il campo in quel freddissimo febbraio. Si sono incuriositi. Ci siamo risentiti in primavera per la possibilità di cucire anche il campo della Dacia Arena e da agosto non ce ne siamo più andati. Abbiamo avuto da subito un bel da fare, anche i tifosi se ne ricorderanno.
A fine marzo ci sarà una sfida forse ancora più stimolante, la Nazionale italiana a Udine.
Sarà una grande sfida quella della Nazionale. È una nuova esperienza per me, sicuramente positiva. Lo stadio lo merita, la città lo merita e di conseguenza noi dovremmo fare la nostra parte per mantenere le aspettative di un impianto al top in tutti gli aspetti. Stiamo lavorando, già da lunedì scorso, su alcuni difetti che il campo porta con sé da tempo, sicuri che quando arriveranno gli azzurri troveranno un manto perfetto. Allo stesso modo stiamo rigenerando i campi di allenamento dopo l’inverno freddo che abbiamo passato.
Quindi meglio un campo da golf o uno da calcio?
Quello che dico sempre è che un campo da golf è grande circa 40/50 ettari, non per forza deve essere perfetto in ogni sua parte. I campi da calcio hanno circa 7200 metri quadri, li puoi abbracciare con un solo sguardo dalla tribuna. Qu però ogni filo d’erba, ogni piccola zolla può fare la differenza anche nel risultato di una partita. Per questo cerco di fare il mio lavoro al meglio.